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Omelia dell’Arcivescovo in occasione della Messa per i 500 anni della Basilica


1. Il fuoco acceso dal fulmine tremendo


5000 e più anni fa, in una valle in cui i cinghiali erano più numerosi degli abitanti la vita era grama e l’ambiente ostile. Faceva freddo. Era perciò prezioso il fuoco. Già, ma come avere il fuoco? Il fulmine tremendo che aveva colpito il grande platano aveva poi causato l’incendio. Sì anche l’incendio era stato disastroso, ma gli abitanti avevano ricavato il fuoco e lo custodivano con attenzione, come un dono divino, frutto del fulmine tremendo.
      
Il fuoco era affidato a un santone della valle che lo custodiva alimentandolo costantemente e gli abitanti dell’aspra valle ricorrevano a lui, quando il loro fuoco privato si era spento. Portavano al santone della valle molti doni in cambio del fuoco, un dono divino.
      
Il fuoco era utile e allegro. Con il fuoco si cucinavano i frutti della terra e le carni diventavano un cibo nutriente e saporito. Il fuoco rendeva roventi le pietre e sulle pietre l’impasto di farina diventava un pane fragrante e una pizza croccante e il cinghiale diventava un banchetto per la festa.
      
Il fuoco radunava la famiglia nelle gelide sere d’inverno e i volti dei bambini erano lieti e attenti mentre i nonni raccontavano le storie.
      
Il fuoco acceso in mezzo al villaggio radunava la gente che danzava e beveva e celebrava le ricorrenze e i compleanni.

2. Quando piovve e piovve


Ma venne la grande pioggia: piovve e piovve. La legna si impregnò d’una umidità invincibile e invece che fuoco diventava fumo. A poco a poco in ogni casa si spense il fuoco. E quando tutto era ormai freddo e fradicio gli abitanti della valle andarono in cerca del santone per chiedere, per favore, il fuoco, dono divino.

“Ahimè – disse il santone della valle, umiliato per la sua impotenza – ahimè. Anche il mio fuoco si è spento!” “E adesso che cosa facciamo?” chiese la gente avvilita e triste. “Non vi resta altro da fare che invocare il cielo che mandi un altro fulmine tremendo: certo farà danni, ma almeno avremo il fuoco” rispose il santone della valle.

E gli abitanti dell’aspra valle fecero voti e preghiere, fecero penitenze e sacrifici. Ma piovve e piovve e nessun temporale prometteva fulmini tremendi.

Le case erano umide, buie, tristi e i nonni non raccontavano più favole ai bambini intirizziti. Il cinghiale aveva una carne dura e la farina non diventava pane: era penoso persino mangiare. Chi aveva voglia di fare festa, se il fuoco non c’era e i cuori erano malati di malinconia?

3. Venne da non so dove


Un giorno si avventurò nell’aspra valle un viandante. Venne da non so dove. Era in viaggio, ma non so per dove. Attraversò la valle umida e fredda. Vide i volti chiusi nel risentimento e nell’angoscia.

“Ma che cos’è successo?” chiese alla gente della valle desolata.

“Il fuoco si è spento, anche il fuoco del santone della valle. Non c’è più fuoco nella valle. Non c’è più il fuoco e perciò non c’è più allegria, non si celebrano più le feste, non si diffonde più tra le case il profumo del pane e della pizza. Ecco che cosa è successo e il cielo non vuole mandare il fulmine tremendo per accendere un nuovo incendio. Neppure il santone della valle sa che cosa fare!”

Il viandante sentì compassione per la valle e i suoi abitanti avviliti. Insieme si stupì che fossero così inoperosi e depressi. Perciò radunò la gente nella casa più grande del villaggio e pronunciò il suo discorso.

4. Uomini e donne con il fuoco dentro.


“Fratelli, amici, vengo da un paese dove c’è gente che canta e fa festa. Forse vi domanderete la ragione per cui la mia gente continui a essere viva invece che abbattuta e rassegnata a morire. Il fatto è che al mio paese c’è gente che ha il fuoco dentro. Uomini e donne che hanno il fuoco dentro percorrono la terra per regalare luce, calore, gioia.
     
 Uomini e donne con il fuoco dentro hanno una riserva inesauribile di fiducia e di gioia. Non si lasciano prendere dalla tristezza, non si lasciano abbattere dalle avversità, non si ripiegano a lamentarsi dei torti subiti e delle incomprensioni, delle critiche e delle resistenze. Hanno un fuoco dentro che li rende ardenti, lieti. A qualcuno sembrano ingenui, ma in verità sono più saggi e lungimiranti di quelli che li criticano stando seduti nelle comodità del qualunquismo e della pigrizia rinunciataria. A volte sembrano dei sognatori temerari che non vedono le difficoltà e i pericoli delle loro imprese, ma in verità sono più realisti e concreti di quelli che calcolano e diffidano: sono infatti persuasi che quello che rende la vita degna di essere vissuta è che diventi un dono senza risparmio, che sia tutta avvolta da un amore che la faccia risplendere, tutta consegnata per una missione.

Uomini con il fuoco dentro sono contagiosi, aggregano persone e risorse, trasmettono qualche cosa che è come una vocazione, una chiamata ad ardere dello stesso fuoco a dedicarsi alla stessa missione. Se c’è qualche cosa che li addolora è di vedere gente spenta, che vive senza una speranza da coltivare, senza una missione da compiere. Loro hanno il fuoco dentro e si consumano per accendere chi è spento.

Nel mio paese dove abita la gente con il fuoco dentro non si aspetta un fulmine tremendo per avere il fuoco. Hanno il fuoco dentro e sanno come accendere un nuovo fuoco quando la pioggia lo spegne”

Non so di dove venisse il viandante, forse dal Passo del Vescovo, ma sta di fatto che riportò il fuoco nella valle e insegnò come trarre il fuoco dalle pietre. E nella valle tornò la festa e il profumo del pane e i nonni continuarono a raccontare favole ai bambini incantati di fronte al fuoco.

Questo avvenne forse 500 anni fa, quando gli abitanti della valle ricevettero la rivelazione che non esiste solo il battesimo di Giovanni, cioè la penitenza e il sacrificio per invocare che il cielo abbia pietà, ma esiste anche il battesimo in Spirito Santo e fuoco, dono di Gesù risorto. Perciò costruirono la chiesa: come per dire che custodiscono il principio del fuoco che non si spegne mai. La presenza di Gesù continua a convocare per fare festa e per celebrare la gioia di essere vivi, vivi nella vita di Dio, uomini e donne con il fuoco dentro. 

 

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