Contro l’individualismo, la fede vera si vive nella relazione con Dio e con gli altri.
In questa domenica dedicata alla Santissima Trinità, siamo chiamati a interrogarci in profondità sulla nostra fede e sul modo in cui essa si traduce nella vita di tutti i giorni. Viviamo in un tempo in cui si è diffusa una forma di religiosità superficiale, accomodante, che si limita a dire: “Credo in Dio”, ma che raramente incide davvero sulle scelte quotidiane.
Nel suo linguaggio diretto Papa Francesco ci metterebbe in guardia dicendo: “La fede non è un fatto decorativo, ornamentale; vivere la fede non è decorare la vita con un po’ di religione. La fede comporta scegliere Dio come criterio-base della vita, Dio non è un accessorio”.
Credere nella Trinità significa riconoscere che Dio non è un essere isolato, ma una comunione d’amore: Padre, Figlio e Spirito Santo. È un Dio che vive nella relazione, e che ci ha creati a sua immagine per vivere a nostra volta in comunione con Lui e tra di noi. Dire che Dio è “relazione viva” vuol dire credere in un amore che non sta fermo, ma che si dona, che coinvolge, che crea legami. La Trinità ci insegna che non si può mai essere cristiani da soli. L’amore vero è quello che si espande, si comunica, si condivide.
La Parola di oggi ci presenta l’esperienza di Abramo: Dio si manifesta sotto forma di tre uomini e si mostra come un Dio che cerca l’incontro. Non si impone con forza, ma si fa ospite, si lascia accogliere. È un Dio che bussa alla porta dell’uomo, che vuole entrare nella sua casa e condividere la sua vita.
Dio è relazione, Dio è comunione. Dio è il Padre che ama il Figlio, il Figlio che accoglie il Padre, e lo Spirito che li unisce. È un Dio ospitale, aperto, che fa spazio all’altro. E lo ha ricordato anche Papa Leone nell’omelia di domenica scorsa: Dio è uno, ma non è solo.
Noi siamo stati creati a immagine di questo Dio. Siamo unici, ma non siamo fatti per essere soli.
Noi, non siamo solo singole persone chiuse nei nostri problemi o nei nostri piani. Siamo fatti per stare in relazione, per crescere insieme agli altri. Spesso l’individuo cerca di essere indipendente, di fare tutto da solo, come se non avesse bisogno di nessuno. Ma noi siamo persone, cioè figli di una famiglia, di una storia, di un popolo. Solo quando stiamo insieme, quando ci apriamo agli altri, possiamo davvero crescere e diventare quello che Dio vuole per noi.
E allora la Trinità non è solo un mistero da contemplare, ma uno stile di vita da assumere. Dio, che è comunione, ci insegna che anche noi siamo chiamati alla comunione. Ecco perché l’individualismo è la vera malattia del nostro tempo: ci isola, ci indebolisce, ci lascia soli davanti alle prove della vita. Ma quando si condivide la fatica, la vita diventa più leggera, più vera.
Abramo accoglie quei tre ospiti senza chiedere nulla in cambio, solo nella gioia di aprire la sua casa. Anche noi, accogliendo con fiducia i doni di Dio, possiamo cambiare davvero la nostra vita.
Ogni volta che facciamo il segno della croce o preghiamo “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo” riconosciamo questa verità: Dio è amore che si dona e si riceve.
E noi, creati a sua immagine, siamo chiamati a vivere la comunione, non l’isolamento. A costruire comunità, non a rifugiarci nei nostri egoismi. Solo così la nostra fede diventa vera. Solo così la nostra Chiesa diventa davvero una famiglia, capace di evangelizzare non solo con le parole, ma con la forza dell’amore vissuto.
La Trinità ci chiede di essere “con”. Con Dio. Con gli altri. Insieme. Perché la vera felicità nasce sempre dalla comunione.