500 anni della Basilica di San Vittore

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Una pubblicazione per celebrare la conclusione dei lavori


È stata una sorpresa per tutti scoprire dalla pulizia delle facciate esterne della Basilica di San Vittore che esattamente cinquecento anni fa se ne iniziava la costruzione. Iniziando il restauro mai avremmo immaginato di farlo coincidere con questo anniversario. Le stesse pietre poste nel 1521 in questo anno 2021 sono state ripulite e rimesse a nuovo permettendo a chi le osserva di ammirare tutta la bellezza e la maestosità che presentano.

A lavori finiti cinquecento anni non li dimostra proprio più, è il caso di dire. Infatti, in questi lunghi anni la nostra Basilica è stata costantemente amata e curata dagli Arcisatesi. Non possiamo non far memoria dell’opera compiuta dai nostri avi che con tanti sacrifici l’hanno edificata, voluta, costruita … noi vediamo dietro a tanto lavoro un cammino di fede di un popolo che in questo luogo si è riunito e si riunisce per lodare Dio e per ringraziarlo. Rileggendone la storia quanti sono stati gli eventi che lì dentro si sono vissuti, momenti di gioia e altri di dolore? Queste mura ci parlano di Dio e se noi ci siamo impegnati a restaurarle e rimetterle a nuovo non è perché è la nostra casa e per la nostra gloria, ma perché è la casa del Signore e per la sua gloria.

Ricordare la data d’inizio della costruzione della nostra basilica chiede di fare memoria delle tante “pietre vive” che hanno costruito nel tempo una comunità cristiana. Chissà se tra 500 anni altri potranno celebrare la stessa gioia che insieme stiamo vivendo in questi giorni?

La nostra Basilica è il luogo dove nella comunione tutto il popolo di Dio con le sue varie componenti anche oggi continua a rendere lode e gloria a Dio e si impegna a vivere come Chiesa, riflesso della Luce di Cristo, nella storia del mondo.          

Ma vorrei ora soffermarmi anche sul titolo che tradizionalmente porta la nostra chiesa parrocchiale: quello di Basilica. Cosa erano inizialmente le basiliche? Grandi aule delle udienze dove l’Imperatore divinizzato si presentava al popolo in un modo che voleva essere interpretato come manifestazione, apparizione del divino. Per i cristiani questa autorappresentazione dell’Imperatore era una pratica blasfema e così alla pretesa auto-divinizzazione dell’Imperatore essi contrapponevano la regalità del Cristo crocifisso e risorto. Egli solo era veramente ciò che gli imperatori presumevano di essere. E così la sala di riunione dei cristiani, in cui il Signore continuava a donarsi ai suoi nel pane spezzato e nel vino versato, divenne per essi l’ambiente del culto al loro “Imperatore” – l’aula delle udienze del vero Re. Per questa contrasti essi morirono; il martirio è per così dire inserito in questo progetto di costruzione. 

Riscoprendo la nostra Basilica riscopriamo anche, allora, a Chi solo dobbiamo rendere culto. Oggi non abbiamo più un Imperatore come fu Diocleziano ai tempi di S. Vittore … ma abbiamo tanti altri “imperatori” più o meno manifesti che ci chiedono di prostrarci davanti a loro, di voltare le spalle al nostro Dio e di vivere come se Lui non esistesse.

La bellezza della nostra basilica restaurata, la pulitura delle pietre che la rendono nuova e chiara siano per noi stimolo a ripulire e rendere bella e nuova la nostra fede e il desiderio di essere annunciatori del Vangelo a quelle pietre grezze che siamo noi, uomini e donne di oggi, che abbiamo sempre necessità di essere continuamente scalpellate, lavorate, pulite  dallo Spirito - o per la prima o per l’ennesima volta - per aderire a Cristo, “la pietra che scartata dai costruttori ora diventata pietra angolare”, per rivivere di Lui, con Lui e per Lui e per trasmetterlo a chi verrà dopo di noi! Questa è la missione che ci attende, questo è il senso del nostro far festa.

Ce lo ricorderà anche il nostro Arcivescovo Mons. Mario Delpini che sarà tra noi la sera del 10 maggio non solo per marcare solennemente questo evento, ma soprattutto per incoraggiare tutti noi a proseguire il cammino tracciato dai nostri avi ed essere anche noi “pietre vive” chiamati a rendere presente Dio in mezzo alla nostra gente e sempre disposti a fare della nostra vita un dono d’amore per i fratelli rendendo bello e sempre nuovo il nostro vigore missionario.

Un sentito e doveroso ringraziamento va a tutti coloro – tecnici, impresari, maestranze – che con il loro contributo e le loro capacità ci permettono di vedere oggi la nostra basilica ringiovanita. Un grazie a tutti i parrocchiani per la generosità che, pur nella difficile situazione economica che stiamo vivendo, non è mai venuta meno l’attenzione e il sostegno. Grazie a chi, attraverso l‘offerta del proprio tempo, lavora per il bene della nostra comunità parrocchiale.

Lavorando insieme e per l’insieme tanto ancora si potrà fare.
 
don Claudio Lunardi, prevosto 

 

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