L’Eucaristia, Pane vivo disceso dal cielo, nutre il cuore e costruisce comunione.
La Parola che ci sarà donata per la nostra preghiera di domenica ci porta a ripetere più volte, come un ritornello che risuona nel cuore, le parole del Salmo che oggi la liturgia ci ha donato: “Gustate e vedete quanto è buono il Signore!”
È un invito profondo a riscoprire il sapore autentico della vita, che si trova solo nel Pane vivo disceso dal cielo. Tutta la Parola ci richiama a tornare alla sorgente, all’Eucaristia, dove il gusto non è solo per il palato, ma per lo spirito: lì, il cuore ritrova ciò che davvero lo nutre.
Per gustare il Signore non basta conoscerlo da lontano: bisogna incontrarlo, viverlo, lasciarsi trasformare dalla Sua presenza. Significa fidarsi, affidarsi, e lasciarsi conquistare dalla bellezza della Sua Parola, che dà senso e sapore al nostro cammino.
Il Vangelo tratto dal capitolo 6 di San Giovanni. In esso Gesù afferma con forza: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.”
Spesso, quando sentiamo parlare di vita eterna, la immaginiamo come una realtà futura, lontana, legata al dopo la morte. Ma Gesù parla al presente: “ha la vita”, non “avrà”. È un dono che si riceve già ora, qui, nella nostra quotidianità. La vita eterna, infatti, non è solo durata infinita, ma qualità di vita, pienezza, comunione con Dio. È la vita vera, che comincia ogni volta che ci nutriamo di Cristo, il Pane vivo, e ci lasciamo rinnovare da Lui.
Chiamarla vita eterna significa riconoscerne il valore profondo: è una vita che ha senso, che porta frutto, che va vissuta bene — con fede, con amore, con apertura a Dio e ai fratelli.
Gesù offre sé stesso. La Sua persona e la Sua vita diventano alimento per ciascuno di noi. Partecipando all’Eucaristia, nutrendoci di Lui, possiamo gustare la Sua gioia, il Suo amore, la Sua pace.
E aggiunge: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.”
È il secondo grande invito: dimorare nel Signore, avere una casa stabile nel Suo cuore, perseverare nella comunione con Lui. L’incontro eucaristico apre gli occhi, fa ardere il cuore, cambia lo sguardo. La bontà dell’amicizia con Gesù costruisce legami nuovi tra di noi: si vive la comunione.
Eppure, quel gesto che chiamiamo comunione, e che tanti ripetono frequentemente, rischia talvolta di essere vissuto in modo frettoloso o superficiale. Ma nutrirci di Lui e dimorare in Lui, se lo facciamo con fede e consapevolezza, trasforma la nostra vita. La rende un dono offerto a Dio e ai fratelli.
Nutrirci del “Pane di vita” significa entrare in sintonia con il cuore di Cristo, fare nostre le sue scelte, i suoi pensieri, i suoi gesti di amore.
Mangiare il Pane spezzato – ci ricorda San Paolo nella seconda lettura – è partecipare davvero alla comunione con il corpo e il sangue di Cristo, ma anche alla comunione con i fratelli. In Lui, diventiamo un solo corpo. E da questo scaturisce una grande responsabilità: essere Chiesa viva, corpo di Cristo nel mondo.
Il gusto e la bontà del Pane fanno della Chiesa una casa.
Più mettiamo Gesù al centro, nella nostra vita personale e nella vita della nostra comunità, più diventiamo una cosa sola, tra di noi.
Nell’Eucaristia troviamo l’amore di Gesù, e in forza di quell’amore noi diventiamo Chiesa.
In questi giorni la nostra comunità celebra la festa della Madonna delle Grazie. Non vuole essere una festa fatta solo di esteriorità — pur necessaria — ma una celebrazione profonda, spirituale, che parta dal cuore.
Perché, se puntiamo solo sull’apparenza, le nostre feste cristiane finiscono per spegnersi. Celebrarle davvero significa lasciarsi guidare da Maria verso la comunione e l’incontro con Gesù.
Siamo chiamati a imitare Maria nella sua fede, nella sua fiducia, nella sua totale disponibilità al Signore.
Chiediamo a Lei la grazia più grande: avere fame di Gesù, desiderio vivo della Sua presenza, della Sua Parola, del Suo Corpo. Perché solo se ci nutriamo di Lui, possiamo davvero essere Chiesa, comunità viva, testimoni del Suo amore.
Che questo nuovo anno pastorale, sotto lo sguardo materno di Maria, sia un anno eucaristico, missionario e comunitario.
Che possiamo gustare sempre più la bontà del Signore e portarla agli altri.
E che il buon seme che Maria ha custodito in sé e ci ha donato in Gesù, diventi in noi grano maturo, capace di dare frutto — anche in mezzo alla zizzania — un frutto che rimane.